Giovanni Spalla

La città planetaria

La mostra presso Spazio 46 a PALAZZO DUCALE di genova

La retrospettiva di Giovanni Spalla CON LA DIREZIONE ARTISTICA DI VIRGINIA MONTEVERDE
PROMOSSA DA ART COMMISSION, dal 29.12.22 al 12.02.23

Il Fotografo e l' Architetto

Giovanni Spalla raccontato da Gianni Ansaldi

Era aprile del 2009 e Genova si era rifatta il trucco, pagato prima dalle colombiane, poi dai campionati del mondo di calcio e infine dall’essere stata città europea della cultura. Mentre scendevo via San Lorenzo non potevo non ricordare l’odore di fuligine e il clangore degli autobus di quando la percorrevo da ragazzo. Ora era così pulita, così europea da farmi sentire il desiderio di svoltare il prima possibile per canneto il curto, rimasto ancora territorio libero dall’euforia di nettezza di cui Genova si era ormai drogata.

Stavo recandomi a fotografare un architetto per il nuovo libro che sarebbe stato pubblicato da lì a poco. Giuliano Galletta, il coautore del libro, mi aveva edotto sul personaggio che stavo andando a ritrarre e che per me era soprattutto “quello che aveva fatto rinascere il Palazzo Ducale”, dopo che per decenni era stato un triste palazzone ripieno di faldoni polverosi e di burocrati stanchi.
Come tutte le mie sedute fotografiche non durò molto, poco più di quanto ci mise Henri Cartier Bresson a ritrarre i coniugi Curie, ritratti nel momento in cui lo facevano accomodare in casa.
Scattai la mia prima foto a Giovanni mentre si abbeverava il volto con la bella luce che entrava da una delle sue finestre affacciata sulla chiesa di piazza banchi.

L’amicizia tra il fotografo e l’architetto (che detto così sembra il titolo di una fiaba di La Fontaine) scattò quando gli portai la foto stampata nel suo studio in San Lorenzo. Non credo che abbia pensato che gli avessi rubato l’anima (a tutto può somigliare Giovanni tranne che a un guerriero Sioux) ma, complice il fatto che sembravo essere recettivo al suo affabulare che passava tra mille argomenti (dallo zio anarchico e dal coltello facile al suo vagabondare nelle foreste brasiliane dove costruiva totemici edifici), sembrò esserci tra noi una reciproca curiosità.
L’amicizia si rafforzò poco tempo dopo, quando mi volle con sé per raccontare con le mie foto il restauro e la riconsegna alla città delle statue monumentali dei Doria. Ho passato insieme a lui mesi interi nei sotterranei di Sant’Agostino, a fotografarlo mentre saltellava dall’uno all’altro di quei tronchi senza testa raccontandomi ogni particolare dei fregi di quelle figure, ammaliandomi con la sua cultura profonda e ricca di sfumature. Purtroppo il più delle volte assentivo senza capire o senza trattenere memoria d quello che mi diceva, impegnato com’ero a scattare. Ma ero contento di vederlo felice di avere qualcuno a cui raccontare di quei “marmi giustiziati” (questo il titolo del libro che nacque da quell’esperienza).

A Giovanni piace farsi fotografare, non può negarlo, l’unico pericolo con lui è il rischio del “mosso”. Non sta mai fermo, sempre pervaso da fervore creativo o donchisciottesco. Come gli scatti che feci mentre alzava le braccia al cielo imprecando gli dei per gli scempi fatti dalle varie giunte all’affaccio a mare di palazzo del principe o mentre malediceva per la ferita provocata alla città dalla sopraelevata (a volte lo stuzzico dicendogli che a me non dispiace la vista sulla città che si ha da quella via).

Grazie a lui degli allegri russi mi hanno regalato una vodka comprata all’aeroporto di Mosca, mentre li fotografavo nel suo studio diventato per l’occasione un dormitorio per storici post-sovietici, in attesa della conferenza epocale che avrebbero tenuto il giorno dopo e alla quale il temerario architetto partecipò online da una stanza dell’ospedale nel quale era stato ricoverato d’urgenza. Poi le sue storie di viaggi nelle oasi del deserto iraqeno oppure il giro delle moschee iraniane accompagnato da servili ma vigili ayatollah. Giovanni riesce a creare discorsi fluidi e interminabili con ardite e sempre intelligenti analogie, il suo affabulare sembra un poesia di Sanguineti. Può contenere tutto e talvolta il Tutto.

Entusiasmo, è la parola che contraddistingue l’amico Giovanni Spalla.
A lui, anche se talvolta mi pareva esternasse opinioni apparentemente strampalate, non ho mai dato torto.
Non per piaggeria, ma come capita quando si dialoga con un amico la cui intelligenza è sempre così evidente e il cui sorriso è sempre così dolce.

I Temi

La storia non si tocca, si restaura!

Il patrimonio storico non appartiene a nessuno Stato, bensì all’umanità stessa.
Questo concetto rivoluzionario, ci insegna che la tutela del nostro patrimonio storico deve avvenire attraverso un restauro che integri la città storica con i paesaggi, ambienti e luoghi circostanti. La città storica appartiene solo ad un periodo storico ma bensì ad una stratificazione storica che è avvenuta nel corso degli anni.
Là dove ci sono anche solo minimi segni della storia, l’intervento di restauro dell’architetto deve basarsi su criterio di conservazione e ripristino filologico. Dove invece non si hanno elementi da seguire, il restauro deve pensare alla tipologia delle strutture presenti nel resto della struttura.
Si può anche smontare il vecchio e ricostruirlo usando gli stessi materiali.

Il Balletto di Pitagora

Un’opera di Giovanni Spalla e Gianni Ansaldi con Aldo Vinci, Sirio Restani e Lorenzo Cordone in cui si rappresenta, in forma teatrale,  l’evoluzione storica dell’invenzione scientifica in rapporto all’invenzione artistica.
Lo spettacolo è percorso da affabulazioni scientifiche illustrate in chiave anche paradossale e da paradossi artistici raccontati in chiave drammatica.
Il wikipediano narratore affronta le sue diatribe con Euclide, un ignorante popolano appassionato di scienze matematiche la cui figlia, ragazzina vivacissima videogame dipendente, è affascinata dal narratore ma legata al padre.
I pensieri del narratore si proiettano fisicamente con l’azione dei ballerini, e nel finale gli si ribelleranno contro nel momento in cui Euclide lo sfiderà a un duello verbale.

Le Opere ARTISTICHE

Le creazioni DIGITALI di Giovanni Spalla e I RITRATTI a lui dedicatI

Il conflitto

Giovanni Spalla

Espressione simbolica dei conflitti sociali bellici e ambientali attraverso forme colorate appuntite

La saltatrice planetaria

Giovanni Spalla

Rappresenta la fatica dell’uomo che deve fare una grande fatica per salvare l’ambiente.

Proud

Gianni Ansaldi

Orgoglio in cornice di spine testimonianza di ataviche speranze anarchiche

"CodeLife - a life in 30 seconds"

Virginia Monteverde

Giovanni Spalla opera di Virginia Monteverde

“Giovanni riesce a creare discorsi fluidi e interminabili con ardite e sempre intelligenti analogie, il suo affabulare sembra una poesia di Sanguineti.
Può contenere tutto e talvolta il Tutto.”

Giovanni-Spalla

Giovanni Spalla

Accenni biografici

Giovanni Spalla è un architetto, urbanista e professore universitario di Imperia, nato nel 1934. Si è occupato di restauro e conservazione di ville e palazzi storici, oltre che di progetti architettonici e piani urbanistici. Ha insegnato e condotto ricerche in diverse università del mondo.

Tra le sue opere architettoniche si ricordano il restauro e il recupero funzionale di Palazzo Ducale a Genova, il recupero funzionale di Villa Ronco a Sampierdarena e la ristrutturazione dei Magazzini dell’Abbondanza nel porto antico di Genova. Si è occupato anche di interventi urbanistici come il restauro di ponti medievali e la rivitalizzazione di centri storici a Dolceacqua e Albenga.
Spalla è stato professore e uno dei fondatori della Scuola di Urbanistica dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. È stato visiting professor in diverse università internazionali e ha condotto ricerche sulla pianificazione eco-urbana, sulla legislazione paesaggistica e ambientale e sul restauro delle città antiche. Ha ricevuto premi di architettura e letterari e ha pubblicato numerosi articoli e libri su temi urbanistici e storico-scientifici.

Oltre all’attività accademica e professionale, Spalla si è impegnato nella politica regionale e nell’attivismo ambientale. È stato consigliere regionale in Liguria, dove si è occupato di pianificazione territoriale, reti di parchi, tutela del suolo e conservazione dei centri storici. Ha partecipato ai dibattiti sui temi dello sviluppo di Genova, sostenendo la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico e ambientale della città.
Spalla è membro di diversi comitati scientifici e associazioni, tra cui Legambiente e Italia Nostra, dove si è impegnato attivamente in iniziative di tutela ambientale e culturale. È inoltre associato al movimento politico M5S, contribuendo alla pianificazione urbana, ai progetti ambientali, alle iniziative urbane su base comunitaria e alle politiche paesaggistiche per la transizione ecologica.

CURRICULUM VITAE

Una sintesi del percorso di studi, lavorativo, artistico e di tutte le altre esperienze personali dell’architetto e professore Giovanni Spalla

Le Pubblicazioni

Art-Commission-logo
Palazzo-Ducale-logo

Intervista a Giovanni Spalla di Virginia Monteverde – Interview of Giavanni Spalla by Virginia Monteverde

Il Trattatello dell'urbanistica planetaria

La pianificazione, soprattutto vista alla luce dei cambiamenti climatici delle disuguaglianze territoriali e sociali attuali, non può essere legata ad una singola religione ma deve coinvolgere territori molto vasti.
Questi fenomeni non si contrastano con piccoli interventi ma con un piano paesaggistico europeo che abbracci in toto il Mediterraneo storico cioè le sponde africane i paesi che si affacciano sul Mar Nero fino ad arrivare al Tigri e all’Eufrate.

Questa visione territoriale molto ampia mi ha portato in tarda età a preparare quello che ho chiamato un po’ autoironicamente Trattatelo di Urbanistica Planetaria che non è un trattato utopistico ma è un trattato che cerca di trovare delle modalità operative per intervenire solo sulla città esistente senza aumentare il consumo di suolo.

Vorrei che il Trattatello avesse il carattere di un manuale che tutti domani, ci fosse un problema, potessero utilizzarlo per fornire suggerimenti e risposte.
Ecco questo mi piacerebbe molto.

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il restauro di Palazzo Ducale di Genova, 1975-1992

L’incarico mi è stato dato dal comune di Genova nel 1975. Palazzo Ducale di Genova è un monumento storico, un momento della Repubblica di Genova ed il lavoro di restauro e recupero di questo monumento lo ha trasformato il spazio del potere politico a spazio pubblico.

Per questo viene chiamato “Palazzo della Cultura”: si tratta infatti di un palazzo nella città, per cui abbiamo dovuto collegare i suoi spazi (oltre 250mila metri cubi) e la sua spazialità doveva avere un legame, in termine di percorsi, con le strade e le piazze intorno del centro storico.
E quale elemento poteva collegare il centro storico con Palazzo Ducale?
La Strada Appesa, 300m sospesi in acciaio che collegano le strade con la Torre Garibaldina, scala pensata con un’architettura moderna in modo da non interferire con le strutture murarie storiche.

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Altri Grandi restauri: villa ronco e i magazzini dell'abbondanza

La seconda opera di restauro che ho progettato e diretto riguarda i magazzini dell’Abbondanza al molo di Genova, un altro Palazzo della Repubblica di Genova.
Questi magazzini erano destinati ad contenere le vettovaglie più importanti di grano per eventuali momenti di carestia o di difficoltà economica della città.
Questo edificio, composto da due corpi gemelli alti dentro il tessuto del Molo antico,i abbiamo pensato di destinarli come Palazzo Ducale ad un’attività pubblica, in questo caso all’attività universitaria ed è stato progettato per essere utilizzato dall’ università del Mediterraneo.

Entrambi i progetti di restauro, sia di Palazzo Ducale che dei magazzini dell’Abbondanza, hanno seguito questi due principi fondamentali.
Prima di tutto un’analisi d’archivio storica, un’analisi della cultura materiale di questi due palazzi per individuare le funzioni che hanno avuto nel tempo: i loro caratteri spaziali che con le vicende storiche intercorse hanno subito modifiche e sono stati riempiti di elementi non coerenti con la funzione originale.
Poi il lavoro di restauro vero e proprio, un lavoro per togliere e liberare gli spazi al fine di far capire la struttura e tipologia originaria: per esempio nei magazzini dell’Abbondanza gli spazi voltati erano suddivisi in mille altri spazi e il compito nostro è stato quello di liberarli e farli diventare delle aule universitarie, per fare coincidere così lo Spazio storico con lo spazio nuovo di utilizzazione.

Villa Ronco di Sampierdarena 1980 - 1992

Magazzini dell'Abbondanza al Molo 1998 - 2004

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prime opere, disegni e scritti
sull'Architettura popolare ligure

Tra i progetti di restauro e dì pianificazione territoriale ho seguito in questi ultimi anni c’è anche un progetto di studio e ricerca sulle fortificazioni Genovesi nel mondo. Questo ha comportato andare a vedere i luoghi in cui i genovesi hanno costruito (in Crimea, sul Mar Nero, nelle isole greche a Lesbo, lungo le coste africane).

L’elemento importante è che le fortificazioni, le mura con la rivoluzione della polvere da sparo hanno profondamente cambiato la loro struttura.
Ad oggi queste fortificazioni sono parte integrante dei centri storici dell’Europa e del mondo e come tali vanno considerate e non come semplicemente come fatti staccati o puramente elementi turistici. Certo che sono diventati elementi turistici ma non dimentichiamo che le fortificazioni sono i luoghi dove migliaia e migliaia di uomini sono morti sono dei cimiteri di cui bisogna avere la coscienza storica.
Noi come rappresentanza dell’Italia abbiamo chiamato questo progetto sulle fortificazioni progetto Eirene: Eirene è una bellissima statua greca del V secolo dea della Pace.

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ricerche, piani e progetti internazionali

Non sono riuscito a realizzare tutto quello che ho progettato ed un progetto in particolare mi sta molto a cuore: la biblioteca sciita di QOM, la città santa dell’Iraq.
Questo incarico a me laico ma con la sensibilità e la cultura sono riuscito anche a capire il punto di vista religioso e delle religioni: nello specifico si tratta di una biblioteca sciita che io ho interpretato.

Certo con il salvataggio e anche qui il restauro di tutti i libri monumentali di questa grande religione, ma che fosse anche un centro di comparazione con tutte le altre religioni e vi assicuro che non è stato facile impostare una biblioteca che fosse nello stesso tempo una biblioteca ben caratterizzata della loro cultura (anzi, una biblioteca che doveva riassumere la cultura sciita in un luogo importante della città santa di QOM) ma nello stesso tempo dare la possibilità ai frequentatori della biblioteca che potessero confrontarsi con le altre religioni e con le altre culture.Il principio alla base è che la consapevolezza che la conoscenza dell’altro è importante per conoscere davvero anche se stessi.

Piazza Dong Kinh di Hanoi 2013

Iternational Shia library of QOM

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Cahiers de Voyage, disegni e pitture architettoniche

Come professore universitario sono passato dal viaggio nelle città storiche italiane a viaggi per il mondo, ho cominciato a viaggiare in Brasile anche negli Stati Uniti in Africa Mogadiscio il Medio Oriente e questi viaggi avevano un duplice scopo anche qui uno di carattere storico culturale e uno strettamente antropologico.

Per capire e poter insegnare (io insegnavo urbanistica il diritto urbanistico progettazione urbana progettazione degli spazi pubblici) e svolgere bene questa attività, era importante capire la cultura originaria dei luoghi dove sarei andato ad insegnare (ho insegnato a San Paolo, Rio de Janeiro a Belen). Ecco era importante per me, con l’aiuto degli antropologi locali, capire la storia di quel paese, la storia di chi lo ha occupato ma anche la storia dei nativi di quelle terre.

Quindi l’architettura e l’insegnamento dell’architettura era fondato per me su una forte componente antropologica che mi ha consentito di capire meglio gli allievi, di capire i luoghi e soprattutto di affrontare le ricerche urbane che abbiamo fatto in tutte queste città con uno spirito di maggiore consapevolezza storica dei problemi locali e dei problemi anche della proiezione nel futuro.

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Ponte Morandi

Abbiamo sviluppato e messo a confronto le alternative di progetto di restauro e di nuova costruzione secondo cinque criteri.

1. Ricercare soluzioni innovative che abbiano il minor numero di elementi costruttivi e la minore consistenza fisica (pile, tiranti, impalcato) in modo da ottenere la massima trasparenza e permeabilità dello spazio ed il minore impatto ambientale e paesaggistico. Puntiamo anche su strutture di elevata capacità per superare l’attraversamento e ridurre al minimo l’impatto sociale.

2. Partire dall’assunto di raddoppiare l’A10, stabilendo, sia per le alternative di restauro che per quelle di nuovo impianto, che le due carreggiate debbano avere ciascuna, 3 corsie per senso di marcia, più corsie di emergenza e banchine, e siano distanziate in modo da lasciar passare la luce tra di esse per ridurre l’incombenza dell’impalcato.

3. Stabilire che i nuovi piloni siano accessibili al pubblico e prevedendo nel punto più alto, un belvedere-museo e scale di sicurezza e che l’impalcato sia costituito da strutture reticolari leggere e che possa contenere eventualmente percorsi pedonali lungo i suoi bordi, al di sotto del piano autostradale.

4. Scegliere la soluzione ottimale attraverso il metodo del confronto tra due serie di alternative, l’una di integrazione, l’altra di sostituzione, in termini tipologici, architettonici, strutturali e paesaggistici sulla base di criteri di pubblica utilità e di costi sociali e ambientali.

5. Affrontare il risanamento ambientale, sociale e urbanistico dell’area della Valpolcevera, il cui riassetto parta dalla base delle pile di nuovo impianto, in quanto accessibili al pubblico.

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